Porto Santo Stefano da ricordare |
Tecniche di pesca |
Le barche Le barche da pesca che solcavano il mare dell'Argentario a partire dal XVII secolo erano ovviamente quelle utilizzate dai pescatori migranti nelle loro terre d'origine. Poichè la maggior parte di questi proveniva dalla costa flegrea, seguiti in numero molto minore dai liguri ed ancor meno da elbani ed altri, la marineria che maggiormente ha improntato l'arte marinara all'Argentario è stata quella napoletana. Le barche caratteristiche e più diffuse erano: il gozzo, la paranza, la paranzella, il leudo.
Leudo Il leudo era l'imbarcazione tradizionalmente usata dai liguri fino alla metà del 1900 per il trasporto delle merci in tutta l'area mediterranea. Frequente era il loro approdo all'Argentario per caricare carbone, legname, minerali, prodotti conservati ed altro. Altri erano utilizzati in campagne stagionali di pesca del corallo e del pesce azzurro. Questi ultimi, più snelli e piccoli dei primi, erano di un tipo chiamato "leudo toscanello" proprio perchè normalmente impiegato nella pesca sulle coste toscane. Il leudo era armato con un corto albero molto inclinato in avanti, una lunga antenna portante l'ampia vela ed un bompresso, retraibile a bordo, su cui erano murati uno o due fiocchi. Le sue notevoli dimensioni , la robustezza e le ottime caratteristiche di navigazione gli consentivano di affrontare agevolmente il mare aperto, permettendo una vita a bordo per più giorni sufficentemente agevole. Caratteristiche molto apprezzate erano che, grazie al suo basso pescaggio, poteva approdare a lidi con acque poco profonde o senza opere portuali, e, per le sue caratteristiche strutturali, poteva agevolmente venir tirato a secco.
Gli attrezzi Le reti Le reti fino ai primi anni del '900 erano costruite per lo più dalle donne mentre i vecchi si occupavano spesso della loro riparazione. Le reti erano composte generalmente di due parti: "la maglia" e il "pareto. Galleggianti in sughero infilati sulla ralinga superiore e piombi ripiegati su quella inferiore erano componenti indispensabili. Per le reti veniva utilizzata la canapa opportunamente macerata e lasciata poi asciugare al sole. Da questa veniva ricavato un filo avvolto in matasse che le donne cucivano secondo il tipo di rete da realizzare. All'Argentario per le reti delle tonnare veniva anche utilizzato il "sarracchio", pianta erbacea molto comune sul promontorio e quindi molto a buon mercato, anch'esso opportunamente trattato. Per preservare le reti da un rapido deterioramento ogni rete aveva bisogno di essere ripulita e sottoposta periodicamente a tannatura (bollitura in un preparato di corteccia di pino polverizzata). Le principali reti da pesca utilizzate erano: reti da posta fissa, reti da posta alla deriva, reti da circuizione, reti a strascico. Reti da posta fisse Il “tramaglio” era la rete di questo tipo più diffusa e viene ancora ampiamente utilizzato. Consisteva in una rete di sbarramento, ancorata al fondo con una zavorra e segnalata in superficie con un “pedagno”, che veniva calata nel tardo pomeriggio e lasciata fino al primo mattino. Un tramaglio poteva essere gestito anche da un solo pescatore su un gozzo. Reti da posta alla deriva A differenza del tramaglio non erano ancorate al fondo ma lasciate libere nella corrente. Tra le più comuni vi erano la “menaide”e la “sardara”. Non dovendo toccare il fondo, erano fornite di pochi piombi nel lato inferiore, e di molti sugheri nel lato superiore. Erano usate principalmente per la pesca delle sardine e delle acciughe. Reti a circuizione Con queste reti, simili a quelle da posta alla deriva, i pescatori circondavano in parte i branchi di pesce, generalmente acciughe, sgombri o cefali. Questi poi con particolari accorgimenti venivano o attratti (con lampare) o sospinti (con rumori creati artificialmente) verso il centro della rete. Le due estremità di questa venivano poi chiuse a sacco racchiudendo i pesci all’interno. La rete veniva quindi salpata con tutto il pescato. Lampara La pesca con la lampara era inizialmente gestita da 3 barche a remi, di cui una dotata di una fonte di luce intensa (lampara). Questa era fornita inizialmente da una brace di tronchetti resinosi di pino posti su una graticola a prua (focone). Molto più tardi il focone fu sostituito da una lampada a carburo di calcio. La rete, detta "cianciola" (o "giaggiola"), aveva la forma di un grosso sacco con due ali laterali. Era munita superiormente di molti sugheri ed inferiormente di piombi bastanti ad impedire che affiorasse in superficie. La rete veniva calata in modo da recingere parzialmente uno specchio d'acqua. La barca con la lampara si muoveva verso il centro della rete mentre le altre due barche, alle estremità delle ali, restavano in attesa che un buon numero di pesci, principalmente sardine e acciughe, richiamati dalla luce, si raccogliessero al suo interno. A quel punto, tirando le corde delle ali e del fondo, i marinai chiudevano il sacco e lo issavano a bordo con tutto il pescato . Cannata ( ragastina, ecc...) La pesca con la cannata veniva utilizzata sia di giorno che di notte con due gozzi. Il branco di pesci veniva bloccato, calando con una barca una rete a semicerchio. Contemporaneamente la seconda barca tendeva l'altra rete che non affondava perché sostenuta da delle canne. Con dei "mazzuoli" sbattuti sul fasciame o con una pietra, legata a una corta corda, ritmicamente lanciata in acqua, si spaventava il pesce, in genere cefali, spingendolo ad impigliarsi nella rete Un tipo di pesca simile, ma più semplice, veniva praticata anche da un solo marinaio su un gozzo. Reti a strascico Erano delle reti composte da tre parti, un sacco e due ali, che tramite due lunghi cavi venivano trainate da due barche accoppiate. La rete, strisciando sul fondale melmoso o sabbioso catturava i pesci che lì avevano il loro habitat. La pesca con le reti a strascico provocava, ed ancor più provoca oggi, un forte depauperamento della fauna marina per cui, già limitata da diverse ordinanze settecentesche, era consentita solo in alcuni mesi dell'anno. Paranza Una grossa rete a strascico formante un sacco conico, veniva trainata da due barche affiancate (paranze, paranzelle, ecc.) . Il sacco presentava ai lati due lunghe ali che terminavano ciascuna con una stazza di legno. Questa era destinata a tenere distesa l’ala a cui era collegata, in modo da tenere aperta la bocca del sacco. Ad ogni stazza era unito un sistema di corde convergenti ad un grosso cavo di canapa con il quale la rete era rimorchiata La manovra era diretta dalla barca di sopra vento. Sciabica Era una rete a strascico di modeste dimensioni da usare in acque poco profonde non lontano da terra. Era composta essenzialmente da un sacco e da due ali simili alla paranza. La sciabica era trainata da coppie di barche, ma poteva anche essere azionata da terra, fissandone un'estremità a un punto della costa, distendendola circolarmente con una barca e portando a terra l'altra estremità, con la quale ne veniva eseguito il recupero. Nassa Le nasse, di origine molto remota ed ancora impiegate nella pesca tradizionale, avevano generalmente una forma a barile con una strozzatura in basso. Erano realizzate con giunchi. Il pesce, attratto da un’esca al suo interno, vi entrava restandone imprigionato. Le nasse venivano in genere calate la sera e ritirate al mattino. La pesca con le nasse era una tecnica di pesca molto povera spesso praticata dai vecchi non più in grado di affrontare il mare aperto. Palamito Il palamito, altrimenti chiamato coffa o palangaro, era un attrezzo da pesca, ancora largamente impiegato nella pesca tradizionale, costituito da un cavo principale molto lungo, chiamato "trave", al quale erano fissate delle diramazioni, dette "braccioli" che portavano gli ami. Questi avevano forma e dimensione diverse in relazione alla specie da catturare. Vi erano due tipi di palamiti: quello da fondo e quello pelagico. I palamiti erano ancorati al fondo con dei pesi e segnalati in superficie con pedagni. Pesca del corallo Per la pesca veniva adoperata una barca a vela latina simile ad una paranzella, chiamata "corallina", che trascinava una grossa croce di legno a bracci eguali appesantita da pietre; a questa croce erano fissati mazzi di vecchie reti di canapa. I coralli, impigliandosi nelle reti, venivano sradicati o spezzati rimanendo almeno in parte imprigionati tra le maglie. Il capo barca si accorgeva dell'avvenuto incontro con un banco corallino per gli strattoni comunicati alla corda del congegno, corda passante su una sua coscia protetta da una gambiera di cuoio. Era un tipo di pesca che devastava il fondale con una resa oltretutto molto bassa. |
2008 - Capodomo - di Raul Cristoforetti |