Home

L'autore

Il sito

Porto Santo Stefano da ricordare

Buongiorno!

 

La pesca fino al '900

 

 

Al tempo dei Romani il reddito medio pro capite dei residenti all’Argentario era elevatissimo.

Nella bella stagione vi dimorava infatti soltanto la famiglia dei Domizi Enobarbi (gli schiavi non contavano), di professione banchieri, o più propriamente usurai.

Costoro, avvezzi a contar sesterzi e di palato raffinatissimo, per non perder tempo e non aver dubbi sulla freschezza del pesce, anziché andare a pescarselo di volta in volta in alto mare, se lo portarono sotto casa. Si fecero costruire a Santa Liberata una grossa piscina e lì tenevano in fresco il pesce in attesa della sua consumazione o trattamento. Nonostante gli effetti benefici della dieta a base di pesce, gli Enobarbi si estinsero. Della piscina rimangono invece le possenti pareti in muratura affioranti nella baia di Villa Domizia.

Arrivò poi il Medioevo e l’Argentario, tranne il piccolo borgo di Porto Ercole, rimase praticamente disabitato. Le numerose specie di pesce, in particolare tonni, acciughe, sarde e merluzzi, presenti in grande abbondanza nelle sue acque, ebbero vita facile e tranquilla. Ai vicini abitanti di Orbetello, provvedeva la laguna a fornire il pesce che occorreva. Rare e limitate erano le loro escursioni in mare aperto alla ricerca di pesce di un sapore un po' diverso.

Le cose cominciarono a cambiare nel XVII e soprattutto nel XVIII secolo.

La fondazione dello Stato dei Presidi e la maggior sicurezza contro le incursioni corsare dovuta alle sue possenti fortificazioni, favorirono l’immigrazione di pescatori stagionali dall’Elba, dalla Liguria e, principalmente, dal regno di Napoli: Pozzuoli, Procida e Torre del Greco.

Questi ultimi, per i quali fu sbrigativamente adottato il termine di "Napoletani", lasciavano le loro famiglie, portandosi dietro i figli più grandi, all'inizio della bella stagione e dopo una vita miserrima sulle loro barche o in rudimentali capanne, vi facevano ritorno in autunno carichi di pesce essiccato o conservato da consumare in inverno. Durante la permanenza sull'Argentario, parte del pescato lo vendevano, ma spesso barattavano con altre merci indispensabili, nelle vicine campagne. Alla base di questa loro migrazione vi era la difficile condizione economica in cui versava il Regno e la ricerca di un mare meno sfruttato ed una minore concorrenza.

Furono questi pescatori stagionali, molto più tardi divenuti stanziali, che introdussero sull'Argentario le tecniche di pesca e di attività marinara la cui conoscenza diventò poi patrimonio della sua gente.

Costoro furono i primi a praticare una pesca organizzata e non individuale. Mentre i Genovesi con i loro leudi più grandi e sicuri praticavano preferibilmente la raccolta del corallo e la pesca del pesce azzurro, sarde e acciughe, i Napoletani si dedicavano ad ogni tipo di pesca utilizzando un'attrezzatura più povera, tramagli, lampare, nasse e palamiti.

Le loro barche, i gozzi per la pesca sottocosta, le agili paranzelle a vela e le paranze per la pesca in mare aperto, furono le "antenate" di quelle che oggi pescano nel mare dell'Argentario.

I primi anni del XVIII secolo videro consolidarsi sulle coste settentrionali dell’Argentario un primo nucleo di famiglie stabilmente residenti, in gran parte di pescatori provenienti dalla costa flegrea. Da allora l’attività di pesca si intensificò, favorita dalla presenza di strutture di supporto stabili a terra per la manutenzione e la costruzione delle barche, e delle loro famiglie, valido aiuto per la preparazione degli attrezzi per la pesca, principalmente la confezione delle reti, delle nasse e delle vele, e il trattamento del pescato.

Nel XIX secolo Porto Santo Stefano era ormai un paese di qualche migliaio di abitanti. Tra le varie attività a cui erano dediti i suoi abitanti, la pesca con tutte le attività ad essa connesse, era certamente la più rilevante e redditizia. Il mercato del pesce, sia quello fresco che conservato, si era ormai esteso ben oltre le campagne e i paesi limitrofi raggiungendo le grandi città dell'interno e della costa.

Oltre a quella generica, particolare rilevanza aveva la pesca del tonno, introdotta dai pescatori flegrei.

Per lungo tempo davanti a Porto Santo Stefano fu attiva una tonnara, gestita inizialmente da un rais e pescatori di Procida, ancora nella prima metà dell'800 tra le più importanti del Tirreno centrale. Nel 1842 il Granduca di Toscana la cedette al Comune di Monte Argentario, che a sua volta, di anno in anno l'affittava al miglior offerente. La sua importanza cominciò a diminuire successivamente (nel 1886 furono pescati solo 443 tonni) fino a che nel 1887, in vista del completamento del Forte del Pozzarello, fu abolita dal Regio Governo per l'intralcio che avrebbe procurato alle esercitazioni di tiro su unità navali nella baia ed alla navigazione in genere. Tonnarelle per la pesca di ogni tipo di pesce di passo furono anche realizzate a Porto Ercole che rimasero in attività fino all'inizio del secolo successivo.

A testimonianza di questa attività esiste a Porto Santo Stefano un'antica via, chiamata "Via dei tonni", che dal Porto della Pilarella sale su verso la Panoramica

Su tale via dovevano evidentemente affacciarsi i magazzini per il ricovero o il trattamento del pescato delle tonnare o quant'altro avesse attinenza con tale genere di pesca.

L'attività peschereccia promosse tutta una serie di attività collaterali che consentì di espandere la possibilità di lavoro ad ampi strati della popolazione. Si sviluppò una notevole attività cantieristica, sebbene ancora a livello artigianale, da parte di singoli maestri d'ascia, per la costruzione e la manutenzione delle barche; molte donne poterono incrementare gli introiti della famiglia con la confezione e riparazione delle vele; donne, vecchi e bambini si occupavano della preparazione delle nasse, delle reti e dei palamiti, ecc.

Particolare curioso è l'impiego nella confezione delle reti delle tonnare del 'sarracchio', comunissimo sull'Argentario. 'Sarracchiai' erano coloro che provvedevano alla sua raccolta e preparazione.

Stabilimento Pollette a Porto Santo Stefano

La pesca del pesce azzurro, acciughe, sarde e tonni, favorì il nascere di una consistente attività conserviera del pescato. Diffusissima fu la salatura delle acciughe, per il consumo locale e l'esportazione nelle città. Piccole industrie sorsero per l'inscatolamento delle sarde sott'olio.

Sull'Argentario già nel 1873 il francese Federico Pollette, a cui fu poi concessa la cittadinanza di Porto Santo Stefano, aprì un piccolo stabilimento per la conservazione delle sarde nel quale, qualche anno dopo, già lavoravano 35 operai e 70 operaie ( i primi con una retribuzione giornaliera di 3 lire, le seconde di 1,50)

Un secondo stabilimento della Cirio sorse in seguito a Porto Ercole.

Tutto il pesce per gli stabilimenti, oltre ad un terzo di Orbetello, proveniva dall'Argentario.

 

Tecniche di pesca       Tonnara

 

 

 

2008 - Capodomo - di Raul Cristoforetti